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B2C, documentari – “Il mistero delle carte di Aldo Moro” di Marco Melega e Carlo Durante

B2C, documentari – “Il mistero delle carte di Aldo Moro” di Marco Melega e Carlo Durante

9 maggio 1978: muore Aldo Moro, ucciso dalle BR. Dopo una prigionia di 55 giorni (fu rapito il 16 marzo 1978), i suoi carcerieri decisero di ucciderlo. Il suo corpo venne rinvenuto in una Renault 4 rossa, che era stata rubata a un imprenditore nel quartiere Prati 2 settimane prima dell’eccidio di via Fani. L’automobile rossa con la salma dello statista fu ritrovata il 9 maggio a Roma in via Caetani, luogo non lontano da piazza del Gesù (zona dove era ubicata la sede della Democrazia Cristiana) e da via delle Botteghe Oscure (dove si trovava la sede nazionale del Partito Comunista). Il 13 maggio papa Pio VI ricordò Aldo Moro con una commemorazione pubblica a cui parteciparono diverse autorità italiane, ma alla cerimonia non fu esposta la sua salma e i suoi parenti non vi parteciparono: la famiglia rifiutò il funerale di Stato poiché i suoi rappresentanti poco avevano fatto per cercare di salvarlo.

La biografia di Aldo Moro, un uomo che anche con il “compromesso storico” stava mutando lo scenario politico italiano, merita spazi molto più vasti di queste mie poche righe introduttive al documentario inserito nella serie “La storia siamo noi” (RAI). In questa sede mi soffermo solo sull’importanza dei memoriali di Aldo Moro, carte che furono trovate nel covo dei suoi rapitori e carnefici, raccontando solo pochi frammenti di un evento storico fatto di spionaggi, assassini di cui stranamente furono vittime tutti coloro che visionarono tale documentazione (tra cui il giornalista Mino Pecorelli e il generale Dalla Chiesa) e verità raccontate a metà.

Nei giorni di prigionia egli fu posto sotto interrogatorio da parte di uno dei suoi carcerieri: Mario Moretti. Successivamente il presidente scrisse di proprio pugno per ogni argomento le sue memorie su dei fogli. Questi documenti vennero poi trascritti dai brigatisti a macchina.

1º ottobre 1978: il Reparto speciale antiterrorismo dei Carabinieri diretto dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa scoprì un probabile covo dei rapitori di Aldo Moro: a Milano, In via Monte Nevoso, furono ritrovate delle carte dattiloscritte, ma, attraverso “alcuni giri” di tale documentazione, una parte di esse venne, probabilmente, fatta sparire.

Ma durante il processo, Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, affermarono che

«in via Monte Nevoso, oltre ai dattiloscritti c’era anche un plico di fotocopie di quelli originali che non risultano nell’elenco del materiale sequestrato». (Fonte: Wikipedia)

Nel 1990, durante una ristrutturazione, nel covo brigatista di via Monte Nevoso 8 a Milano, furono scoperte le fotocopie delle carte autografe di Aldo Moro. Ma anche queste non risultarono essere complete, come spiega il documentario proposto in questo articolo.

Ma perché si cercava di tagliare con “censura occulta” parte di questa documentazione? Una tra le risposte a questa domanda potrebbe essere stata fornita proprio dal giornalista Mino Pecorelli. Egli, durante i 55 giorni del rapimento, scrisse sulla sua rivista “OP” che la “cattura di Moro” rappresentava…

“una delle più grosse operazioni politiche compiute negli ultimi decenni in un Paese industriale”, con obiettivo primario “senz’altro quello di allontanare il partito comunista dal potere”. (Tratto dal libro: I veleni di “OP”, Kaos edizioni, prima edizione febbraio 1995, cap. “Lo spettro di Aldo Moro, pag. 192)

Inoltre, il 18 aprile 1978 Pecorelli scrisse:

“Si sente ripetere dal solito coro dei giornali che c’è il pericolo che Moro riveli alle BR segreti di Stato. Non prendiamoci in giro. Questo non è uno Stato che ha segreti da custodire. Il pericolo vero è che Moro riveli segreti di uomini politici e di partiti” . (Tratto dal libro: I veleni di “OP”, Kaos edizioni, prima edizione febbraio 1995, cap. “Lo spettro di Aldo Moro, pag. 192)

Per avvalorare la tesi del giornalista Mino Pecorelli, dovremmo porci un’altra domanda: come mai le BR, che avevano come scopo quello di “rivoluzionare” il sistema…, al posto di uccide Moro, che ormai aveva rivelato molti segreti, non hanno diffuso quel materiale tanto scottante?

(FM, ’20)

Nel documentario è stata riassunta la storia dei memoriali di Aldo Moro attraverso le testimonianze di alcuni tra coloro che hanno vissuto quei momenti e la spiegazione di uno storico che ha ricostruito, in conclusione, parte della vicenda.

Nota bene: per poter rintracciare gli articoli di Mino Pecorelli, ho dovuto far riferimento a una parte di testo riportato sul libro edito dalla casa editrice Kaos (vedi bibliografia): così come si scrivono le tesi e gli articoli scientifici, quindi leggendo prima svariato materiale, così si procede anche su questo blog, cercando informazioni in maniera asettica (ci sono autori che vanno da destra a sinistra; giusto per chiarire: in questa sede non si dà “da mangiare” il breve slogan, facilmente comprensibile e recepibile, in maniera propagandistica, non si usa lo slogan che ingabbia l’informazione in uno schema sterile che si riduce a destra e sinistra, amico e nemico, senza giungere a conclusioni di alcun tipo, se non quelle schematizzate, e che anzi creano solo astio inutile) e ponendo domande critiche. Purtroppo rintracciare il testo degli articoli scritti dal giornalista Mino Pecorelli su “OP” sarebbe stato molto difficile, soprattutto in questo momento di pandemia. Chi non gradisce leggere articoli documentati in tal modo (il documentario è della RAI, non è di un emittente che vende materassi) è pregato di non seguire questo blog, che, tra l’altro, è gratuito.

 

Bibliografia e sitografia

Memoriale Moro (Wikipedia).

Aldo Moro (Wikipedia).

I veleni di “OP”, Kaos edizioni, prima edizione febbraio 1995, cap. “Lo spettro di Aldo Moro, pag. 192.